Il Museo Archeologico Nazionale di Siena fu fondato da Ranuccio Bianchi Bandinelli, una delle figure più importanti dell’archeologia italiana. La creazione del museo fu la naturale conseguenza di in un fervente clima che si era imposto fin dalla fine del secolo precedente e che puntava alla formazione di un’unica raccolta pubblica che accorpasse e sostituisse tutte quelle piccole collezioni private che a Siena si erano andate formando per secoli. In particolare Bianchi Bandinelli voleva sfruttarle per creare un museo che fosse “l’illustrazione vivente della carta archeologica della regione”, infatti con una eccezione che vedremo, erano comunque raccolte di materiali di provenienza sostanzialmente locale.
Grazie alla compresenza di straordinarie personalità quali, in primis, Bianchi Bandinelli, ma anche i responsabili della Regia Soprintendenza ai musei e scavi archeologici d’Etruria, Edoardo Galli e Antonio Minto, oltre che il podestà Fabio Bargagli Petrucci questa impresa riuscì.
Oggi il museo archeologico nazionale è ospitato al Santa Maria della Scala, dapprima, inizio anni ottanta, dove ora è l’ingresso del museo (Pellegrinaio delle donne) e dal 2001 nei cosiddetti “cunicoli” del livello inferiore della struttura, dopo essere stato lungamente presso gli ex locali dell’Accademia di Belle Arti in via della Sapienza. Qui fra il1931 e il 1933 erano giunte le collezioni archeologiche dell’Accademia dei Fisiocritici, la collezione privata della famiglia Mieli, donata al Comune nel 1882, oltre che la splendida collezione di urne da Sarteano della famiglia Bargagli, la cui esposizione fu curata con la collaborazione di un giovane Giovanni Becatti, altro futuro grande archeologo. Il museo si arricchì nel 1934 del nucleo di reperti di Macialla e della stele di soldato da San Rocco in Pilli. Ancora per intervento di Ranuccio Bianchi Bandinelli il museo acquisì nel 1951 la collezione di Bonaventura Chigi Zondadari e nel 1957 quella di Emilio Bonci Casuccini.
La prima di esse esula un poco dallo spirito che animò la formazione della raccolta museale coi suoi reperti provenienti da Roma, dalla Grecia propria, dalla Puglia, dalla Campania, ma risulta un’ottima collezione di confronto fra quello che avveniva a Siena e ciò che accadeva nel resto d’Italia e non solo contemporaneamente.
Chi entra al museo archeologico nazionale oggi può quindi visitare una prima sezione topografica che illustra i rinvenimenti del centro storico di Siena. A questa segue l’esposizione, particolarmente scenografica nei cunicoli scavati nell’arenaria del Santa Maria, delle antiche collezioni private, mantenute divise per nuclei, testimoni insieme del collezionismo sette-ottocentesco e della storia del territorio.
Fra i reperti notevoli si ricordano, i materiali relativi alle tombe a pozzetto e a ziro di sferracavalli, le urne in travertino del tumulo dei Marcni da Molinello di Asciano, quelle in alabastro da Sarteano, una notevole collezione di votivi; il rilievo detto delle “Muse chigiane”, forse di età adrianea, verosimilmente ritraente l’accoglimento della poetessa Saffo fra le muse e un bel ritratto del tipo Pseudo-Seneca.
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